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Le società a controllo pubblico sono obbligate ai sensi dell’art. 6, comma 4, d.lgs. n.175/2016[1] (TUSP) a predisporre annualmente a chiusura dell’esercizio sociale, la relazione sul governo societario e a pubblicarla contestualmente al bilancio d’esercizio. La mancata presentazione della relazione sulla gestione costituisce violazione di un obbligo di legge da parte dell’organo amministrativo censurabile dal collegio sindacale della società, e rilevabile anche dall’ente socio nell’ambito delle verifiche ad esso spettanti[2]. L’art. 14, co. 2, TUSP, dispone che, qualora emergano nell’ambito dei programmi di valutazione del rischio uno o più indicatori di crisi aziendale, l’organo amministrativo della società a controllo pubblico adotta senza indugio i provvedimenti necessari al fine di prevenire l’aggravamento della crisi, di correggerne gli effetti ed eliminarne le cause, attraverso un idoneo piano di risanamento.

A ben vedere, l’implementazione del Programma di valutazione del rischio di crisi aziendale si inserisce  nel contesto normativo segnato dal d.lgs. n. 14/2019 “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”, con la conseguenza che le due discipline si pongono in rapporto di complementarietà e sono chiamate ad operare in momenti diversi, perché diversi sono i fenomeni che intendono cogliere e regolare. Mentre l’art. 6, co. 2, TUSP mira a favorire la valutazione del rischio di crisi (di là da venire), il Codice della crisi interviene in una fase successiva, di crisi già in atto o probabile. Con questa avvertenza, gli indicatori cui si riferisce l’art. 14, co. 2 del TUSP, potranno, in linea di principio, prendere spunto dagli indicatori di allerta della crisi di impresa.

Il d.lgs. n.15/2016,  non disciplina in modo dettagliato il contenuto della relazione, limitandosi ad indicare che in essa confluiscono il programma di valutazione del rischio di crisi aziendale –art. 6, co. 2, d.lgs. n.175/2016 -, gli ulteriori strumenti di governo societario –art. 6, co.3, d.lgs. n.175/2016 – oppure le ragioni per cui questi ultimi non sono stati adottati –art. 6, co.5, d.lgs. n.175/2016 -. A tale proposito il CNDCEC[3] è intervenuto fornendo una serie di raccomandazioni che nell’ottica di early warning, propongono l’impiego di indicatori forward looking  per il monitoraggio del rischio di crisi aziendale  a favore della tempestiva emersione della crisi e la sua corretta gestione. Si ricorda che la non immediata adozione di un provvedimento adeguato a prevenire la crisi o l’aggravamento, configura irregolarità ai sensi dell’art. 2409 c.c. ed è altresì suscettibile di rilevare sul piano della responsabilità civile ed erariale (per le società in house) dei componenti degli organi societari e delle amministrazioni pubbliche socie controllanti.

Definizione di controllo pubblico

Per la lettura dell’articolo per intero si rinvia al link

La relazione sul governo societario per le società a partecipazione pubblica tra obbligo e strumento di controllo di gestione.

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